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Immagine del redattoreGiovanni Vestri

Rapito

Rapito un film di Marco Bellocchio review by: Giovanni Vestri



Bologna, 1858; il film si apre con bologna di notte, tranquilla, accogliente e come siamo abituati a pensarla. In casa dei Mortara si sta per andare a letto e tutta la famiglia riunita recita la preghiera prima dell’arrivo della notte. La famiglia Mortara ma soprattutto i bambini ci vengono mostrati liberi e uniti come se qualcosa di male che cambierà per sempre le loro vite stia arrivando. Ad un certo punto irrompono nell’abitazione il maresciallo e i soldati del papa che vengono accolti con la stessa reazione con cui accoglieremo vere e proprie forze di polizia che vengono a fare irruzione in casa nostra nel pieno della notte. Gli uomini devono portare via Edgardo di sette anni uno dei loro figli che, secondo il maresciallo era stato segretamente battezzato da piccolo da una domestica perché in pericolo di vita. Fin da subito il film mette in divario le due religioni quella ebraica e quella cattolica quasi a non voler giudicare la religione in sé ma piuttosto, il sistema che permise una tale brutalità. Dopo vari tentativi di negoziazione da parte dei coniugi Mortara il bambino sarà rapito e portato via in una scena da brividi che esprime a pieno il disagio, la paura e l’indignazione che potremmo provare vivendo una scena del genere. La chiesa con una semplice lettera con sopra un po' di cera lacca riuscì a generare ansia, scompostezza e panico in una tranquillissima famiglia normale, di cui l’unica colpa è vivere sotto uno stato pontificio. Il bambino viaggia per giorni e viene trasportato come caronte trasportava le anime dannate verso l’inferno. Edgardo è scombussolato e ancora non ha chiaro cosa stia succedendo, ha il coraggio e la forza solo di chiedere:
“Quando posso tornare dalla mia mamma?” “Sarà lei che verrà a trovarti, ma te lo devi meritare”
Arrivato a Roma, durante la prima notte in quel nuovo ma oscuro e freddo letto Edgardo sembra chiedersi “Ma cosa ci faccio qui?” lontano da casa e scombussolato da tutte quelle persone interessate a lui si mette a dormire, ricordandosi di recitare la preghiera ebraica che sempre recitava a casa con i suoi fratelli. Il piccolo Mortara trova nell’emulazione l’unico modo per sopravvivere in quella nuova e assurda situazione, fare quello che fanno gli altri, pregare, ubbidire e fare quello che dicono loro, così forse sarò a casa prima pensava. Intanto la notizia fa il giro del mondo e le pressioni ricevute portano il Papa a battezzare nuovamente il bambino. Ci si chiede ma com’è stato possibile tutto questo e perché la Chiesa non ha potuto rinunciare al bambino dopo tanto dolore espresso dalla famiglia. Forse è proprio la dimostrazione di potere della chiesa che con forza riesce ad ottenere quello che vuole il vero oppio di questa storia. Al di là delle religioni il vero e proprio problema qui sembra il potere che un essere umano esercita ingiustificatamente su un altro essere umano.
“Tutto è stato fatto in piena regola e secondo il diritto canonico”
Il padre cerca in tutti modi di riavere suo figlio ma ci viene mostrato rassegnato e con un forte senso di colpa, non essere riuscito a battere un’istituzione così imponente passa in secondo piano quando come obbiettivo hai solo la voglia di riavere in casa tuo figlio.
Quando durante un incontro protetto vengono portati i genitori per salutare il figlio, il bambino è totalmente scombussolato e chiede solo di tornare a casa dai suoi fratelli. A quel punto gli uomini di chiesa li presenti, fanno presente alla madre che basterebbe convertirsi al cristianesimo per aver di nuovo a casa Edgardo. Un mero e ripugnante ricatto che fa a pugni anche con la logica del cristianesimo, la conversione non può essere un ricatto, dev’essere qualcosa che parte da dentro di noi. Dieci anni dopo Edgardo è diventato uomo, durante la cerimonia del bacio sull’anello del Papa, scontra per errore il Papa e lo fa cadere, a quel punto il Papa fa inginocchiare il ragazzo e li intima di disegnare sul pavimento quattro croci usando la lingua, dopo quest’inquietante penitenza lo benedice…
Il nuovo film di Marco Bellocchio in concorso al Festival de Cannes è un film che racconta in modo esaustivo e dettagliato una storia oscura e torbida non tralasciando la capacità di Bellocchio di emozionare.
Abbiamo incontrato il maestro in sala dopo la proiezione del film e ci ha rivelato che non si aspettava tante polemiche dopo il ritorno da Cannes. Polemiche arrivate dalla comunità cristiana e da quella ebraica.
Bellocchio ci dice “Io stavo lavorando e non stavo a pensare mentre giravo una scena oddio cosa dirà quello e cosa dirà quell’altro.”
Il cinema deve essere libero anche se alcune persone si sentono inattaccabili. Questo film concludendo racconta una storia vera di 150 anni fa che fece un enorme scalpore in tutta Europa, un viaggio storico in un epoca che consociamo troppo poco e che porta lo spettatore a interrogarsi sui limiti che il potere dovrebbe avere ed esercitare solo a fin di bene.

★★★★★★★★★


9/10


MyMetaCritic : 87

Giovanni Vestri

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