Great freedom a film by: Sebastian Meise, this is a review by: Giovanni Vestri
Un film che scuote lo spettatore e che mette in dubbio il radicato senso di libertà e giustizia che sentiamo dentro di noi.
Le sequenze iniziali portano lo spettatore in una cruda immedesimazione all'interno di un carcere, dove tutte le libertà personali delle quali siamo più convinti spariscono.
Il film si apre con la scena di un processo a carico del protagonista del film Hans, il quale viene condannato a 24 mesi di carcere senza libertà vigilata per devianze sessuali come vige dall'articolo 175 della Germania post bellica. Hans, colpevole di essere omosessuale ha l'obbligo e la mortificazione morale di dover udire al processo come i più terribili capi d'imputazione le pratiche sessuali che era solito viversi nella propria intimità. Il tutto visto oggi risulta agghiacciante, che però accende la memoria su un tema oscuro in cui una persona, indipendentemente dall'orientamento sessuale viene denigrata e incarcerata senza aver commesso alcun reato che nuocesse ad altri perché previsto dalla legge, per la giuria sei un deviato e devi andare in carcere per rieducarti. Nello spettatore si accende un forte senso di mortificazione e di abbandono in cui ci si immedesima nel disagio di Hans e vorremmo essere noi stessi a chiedergli scusa e a toglierlo da quell'assurdo e innaturale contesto. Anche solo l'idea e successivamente l'applicazione di quell'infame idea dettata da uomini di potere porta una persona omosessuale in carcere, portano cosi a rinnegare se stessi, spingersi ad odiarsi, farti sprofondare nell'idea che deve essere per forza una cosa sbagliata, altrimenti non ti troveresti in quel posto circondato da delle persone che ti guardano peggio di un animale. La parte forse più bella e sicuramente più sincera di te viene presa e fatta a pezzi da una società che la vede come una deviazione da correggere, da punire. Fuori dalla propria cella ogni detenuto ha esposto il reato per il quale si trova in carcere e quindi la relativa pena da scontare. Tutti in carcere sanno che Hans è gay, ai loro occhi è peggio di qualsiasi assassino si trovi li dentro. Il nuovo vicino di cella non è contento della condotta sessuale di Hans e con un estrema violenza, arroganza e supremazia mette in chiaro che lui non vuole essere toccato. Da questa scena la radicata idea folle che una persona solo perché omosessuale dovrebbe saltare addosso al primo uomo che incontra, da fuori un ragionamento assolutamente illogico ma del quale si è preso consapevolezza negli ultimi anni.
"Ma ti hanno messo in prigione direttamente dal campo di concentramento ?"
"È così "
Dopo quella necessaria domanda a seguito della sua fredda risposta Hans scuote la testa senza mostrare nessuna emozione, mostrando ciò che mostrerebbe una persona alla quale sia stata tolta la gioia di vivere una vita normale, obbligato a vivere una vita all'insegna dell'egoismo di altri, pagando per volere di altri, pagando per non aver fatto nulla di male, pagando per portarsi all'autodistruzione.
Il regista cerca di raccontare una storia in cui, incollati allo schermo restiamo in attesa e preghiamo per un goccio di libertà nella vita del nuovo nostro giovane amico. Restiamo sospesi aspettando di vedere un rapporto d'amore sincero, non ostacolato, libero come dovrebbe essere. Un film dalle forti riflessioni storiche che si ripercuotono nella contemporaneità moderna, agganciandosi ai passi indietro ma soprattutto avanti che il nuovo mondo sociale ha fatto. Grazie a film del genere non dimentichiamo la sofferenza che hanno provato persone esattamente come noi e soprattutto non dimentichiamo che la giustizia è un altra cosa rispetto all'infame articolo 175.
★★★★★★★★
8/10
MyMetaCritic: 77/100
Giovanni Vestri
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